Il mio primo contatto con la savana viene filtrato dallo stretto oblò dell'aereo, una sorta di metafora dello schermo televisivo che fino ad oggi aveva costituito per me l'unica finestra su questi luoghi. Sotto di me scorrono immensi e verdi altipiani. Qui è il regno dell'erba: gli alberi sono ospiti. In questo periodo le pianure del Masai Mara sono fittamente punteggiate da una quantità indescrivibile di animali. Colonne di gnu fluiscono a volte lentamente, altre volte più velocemente, animati dalla fretta o forse dall'euforia o, mi piace pensarlo, dalla felicità. Le zebre si riuniscono in gruppi più piccoli e sono un po' ovunque. Le linee bianche e nere che si intersecano sembrano tracciare una sorta di involontario esperimento minimalista. I damalischi, con il loro inconfondibile profilo ascendente, si sono riservati il ruolo di sentinelle e svettano immancabili nell'erba della savana. Quelle enormi macchie nere che coprono la collina sono i branchi di bufali, presenti praticamente ovunque. La pianura è percorsa da file di animali che sembrano i mille rivoli di acqua che solcano la terra dopo il temporale. Talvolta invece è una sorta di brulichio in ordine sparso. La migrazione é un fenomeno imponente che sfugge ad ogni velleità descrittiva. Nemmeno le immagini riescono a trasmetterne le dimensioni e soprattutto la forza. C'é una sorta di inspiegabile energia che non è una semplice suggestione, ma pervade effettivamente e ovunque la pianura; un'energia che solo attraverso la presenza si è in grado d'intercettare. Forse é solo l'insopprimibile voglia di vivere di milioni di animali che vibra nell'aria e fluisce accanto alle loro vite anonime.
L'immagine iconica della Grande Migrazione è l'attraversamento del fiume Mara che separa i branchi dagli agognati pascoli del nord. Il crossing è un rito che per i nuovi nati ha il sapore di una vera e propria iniziazione. Gli animali si ammassano lungo le sponde del fiume in corrispondenza ai punti che l'esperienza ha dimostrato essere favorevoli e che l'utilizzo ha reso meno scoscesi. Il passaggio non è mai immediato. Gli animali si avvicinano a turno all'acqua, quasi a saggiare l'intensità della corrente o la presenza di coccodrilli o semplicemente per bere. Basta un fruscio o un semplice movimento anomalo per far scappare l'intero gruppo. Una zebra attraversa il fiume e giunta ormai in salvo sull'altra sponda, si accorge che nessuno l'ha seguita. A questo punto è un susseguirsi di nitriti rivolti ad incoraggiare l'attraversamento della sua famiglia, rimasta dall'altra parte del Mara. Passa circa mezz'ora di questi disperati tentativi e la zebra prende la decisione più sorprendente: torna indietro. Ma perché affidare nuovamente il suo corpo alle acque? Il legame familiare o sociale o più semplicemente la paura. Certo è che improvvisamente e risolutamente, decide di riattraversare il fiume. Quello che succede dopo è forse ancora più sorprendente: trova infatti ad aspettarla un piccolo gruppo di zebre che fanno a gara, in un'evidente euforia, per affiancarla in una frenetica ricerca di contatto. Sono scene che sembrano fatte apposta per mettere disordine nelle nostre certezze. Intanto gli animali sono ancora là, in un continuo andirivieni fra pascoli e fiume. I tentativi di attraversamento possono essere molto numerosi e durare anche ore, ma alla fine il più coraggioso si tuffa in acqua e tutto il branco, animato da un'improvvisa e inspiegabile fiducia, lo segue. A quel punto è un vortice di tuffi, spruzzi, muggiti, rumore di zoccoli che scivolano sulla roccia delle sponde. La corrente spinge forte e le file degli animali si arcuano piegate dalla forza delle acque. La testa si contorce per restare fuori dall'acqua e accedere all'aria. Gli occhi roteano nello sforzo immane di controllare tutto quello che succede intorno. Infine "l'approdo", la liberazione e la ritrovata calma. È in queste situazioni che si ha la chiara cognizione di come lo gnu abbia un'agilità insospettabile, capace di compiere dei salti incredibili e cambi di direzioni repentini. Il corpo di questo animale, solo apparentemente sgraziato, sembra il risultato di uno sforzo di volontà, quasi a voler dissimulare la realtà di quella che invece è una macchina evoluzionisticamente perfetta. Da questa parte del fiume, ci sono i predatori che stanno aspettando da mesi questo momento.
I leoni sonnecchiano tutto il giorno aspettando il favore delle tenebre per il loro attacco. Le carcasse degli gnu, immancabilmente segnalate da un capannello di avvoltoi e marabù, stanno là a testimoniare la loro incredibile potenza, spesso espressa attraverso azioni di gruppo micidiali.
I ghepardi si giocano invece le loro possibilità in campo aperto e in pieno giorno. Ad un certo punto si svegliano dal loro sonno, si alzano e camminano con decisione verso un branco di gazzelle. Ormai tutte le potenziali prede costituiscono fronte comune e osservano ogni loro movimento. In queste condizioni un attacco ha ben poche possibilità di essere portato a termine con successo. Infatti i due giovani ghepardi, mandati in avanscoperta dalla mamma, riescono solo a creare un po' di scompiglio fra gli gnu, che fanno fronte compatto e addirittura li mettono in fuga. Ancora più imbarazzante é l'esito dell'attacco alle gazzelle che filano via ad una velocità incredibile: si vedono in lontananza solo le molte linee tracciate dalla polvere. A questo punto mamma ghepardo passa all'azione e decide di creare un po' di scompiglio nel branco di gazzelle con dei finti attacchi, il tutto al fine di isolare qualche piccolo. Dopo un paio i tentativi riesce nel suo intento: il piccolo di gazzella che si dimena cercando di liberarsi dal morso di mamma ghepardo è atteso da un destino terribile davanti agli occhi di sua madre che ha osservato la scena da lontano.
Il leopardo invece vive al margine della boscaglia che lambisce la savana. È il più elusivo fra i grandi felini e basta guardarlo per rendersi conto che è una perfetta macchina per uccidere. É un miscuglio fra la potenza del leone e la velocità del ghepardo. Un intero pomeriggio a cercarlo si è rivelato infruttuoso fino a quando, ormai sulla via del ritorno e con il sole ormai tramontato, é finalmente apparso. Improvvisamente ha cominciato ad emettere dei versi. Non il solito ruggito, ma quasi dei colpi di tosse. È chiaramente un richiamo. Dai cespugli viene fuori uno dei due cuccioli, quello scampato all'attacco della iena. Probabilmente l'istinto lo aveva portato a stare nascosto e immobile per lunghe ore, dato che più volte nel corso della giornata avevamo tenuto sotto controllo quella zona senza neppure scorgerlo. Abbiamo condiviso con loro l'intimità del gioco fino a quando l'oscurità non li ha avvolti completamente.
L'incontro più emozionante resta comunque l'elefante. In Africa forse il luogo migliore per vederlo è l'Amboseli, ai piedi del Kilimangiaro. Qui l'incontro con questo animale è praticamente continuo: sono ovunque. Numericamente sono anche meno di quelli che popolano il Masai Mara, però qui sono molto più concentrati. Infatti in un contesto ambientale abbastanza arido, la presenza di paludi attira gli elefanti, che in una sorta di processione continua, alla mattina dalla boscaglia si recano alle paludi e alla sera compiono il percorso inverso. I gruppi a volte possono essere anche molto numerosi, anche oltre i 40 individui. L'immagine più evocativa è vederli immersi in acqua o in lontananza con l'aria calda che rende tremolante la loro figura: é una visione molto simile a quella che doveva apparire ai nostri progenitori che, con ben altri intendimenti, vagavano nelle grandi pianure della nostra Europa a caccia di mammut.
E la giraffa? Per quanto possa sembrare irrealistico non è la sua altezza la cosa che colpisce di più. Quello è scontato. Io invece la associo al silenzio. Ci si può trovare in mezzo a un grosso branco di giraffe e non sentire il benché minimo rumore: é come se non ci fossero. Anche i movimenti vengono gestiti con estrema lentezza, direi quasi con una voluta discrezione.
La cosa più importante che mi ha lasciato l'Africa è il sorriso dei bambini. A volte li scorgi a giocare in mezzo a una distesa di erba gialla cresciuta a stento sulla sabbia, e ti chiedi da dove vengono dato che fin dove finisce l'orizzonte non c'è una casa, una capanna... assolutamente nulla. Eppure questi bambini hanno sempre un sorriso per te o alzano la mano per un saluto quando attraversiamo il loro mondo da un'auto in corsa. Gli occhi non esprimono dolore:sono felici.